Il licenziamento del lavoratore deve essere considerato nullo quando l’esclusiva ragione posta a base del provvedimento espulsivo sia la ritorsione, o la rappresaglia diretta o indiretta, intesa come reazione arbitraria ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito, o di altra persona a lui legata e pertanto accomunata nella reazione, quando il motivo ritorsivo sia stato l’unico determinante, non sussistendo altra giustificazione legittima al licenziamento e sempre che il lavoratore ne dia prova, anche con presunzioni. In ordine alla prova dell’illegittimità del recesso, nell’ipotesi di licenziamento per motivo illecito, il giudice deve accertare l’inesistenza di una giusta causa di licenziamento e l’esistenza del motivo illecito determinante. (Trib. Roma 24 giugno 2016, n. 4517 – Silvia Donà , Natura ritorsiva del recesso e contratto a tutele crescenti, in Diritto delle relazioni industriali, n.1/2018, II, 258-264.)