Nell’ultimo periodo abbiamo tanto sentito parlare di autocertificazione e di autocertificazione falsa. Il nostro stesso studio legale, qualche tempo fa aveva sollevato la questione attraverso un interessante articolo.
In quell’occasione avevamo puntato l’attenzione su una recente sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Emilia in cui il Gip-Gup, sottolineava
che un decreto legge non può disporre l’obbligo della permanenza domiciliare nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini.
Quello di Reggio Emilia non sembra il primo caso in cui un Tribunale si esprime in merito alla questione dell’autocertificazione.
Autocertificazione falsa: il caso di Milano
In tempi ancora più recenti, abbiamo scoperto un altro caso analogo a quello di Reggio Emilia. Questa volta però la sentenza in oggetta arriva dal Tribunale di Milano.
Il tema centrale è sempre quello dell’obbligo di dichiarare la verità nell’autocerficazione.
Difatti, il Tribunale di Milano ha assolto, con la formula “perché il fatto non sussiste”, un imputato che “fermato durante un controllo dei passeggeri in transito nella Stazione di Milano Cadorna effettuato dagli Agenti della POLFER, affermava falsamente un fatto del quale l’atto era destinato a provare la verità. Segnatamente in sede di autodichiarazione dichiarava di lavorare presso il… di …in Milano e di fare rientro presso il proprio domicilio, circostanza non rispondente al vero”.
Perché allora in questo caso l’imputato è stato assolto? La risposta è racchiusa nell’art. 483 del codice penale che – “incrimina esclusivamente il privato che attesti al pubblico ufficiale “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”; … Escluso che la norma in esame preveda un generale obbligo di veridicità nelle attestazioni che il privato renda al pubblico ufficiale, la destinazione ‘alla prova’ è stata individuata nella specifica rilevanza giuridica che abbia la documentazione pubblica dell’attestazione del privato.
Per pacifica giurisprudenza di legittimità, le false dichiarazioni del privato integrano infatti il delitto di falso in atto pubblico quando sono destinate a provare la verità dei fatti cui si riferiscono nonché ad essere trasfuse in un atto pubblico: secondo la Corte, in altri termini, il delitto previsto dall’art. 483 c.p. sussiste solo qualora l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, e cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all’atto-documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale”.
Autocertificazione falsa: conclusioni del Tribunale di Milano
La sentenza conclude che:
“si dovrebbe concludere ritenendo che il privato sia obbligato a ‘dire il vero’ sui ‘fatti’ oggetto dell’auto-dichiarazione resa pur sapendo che ciò potrebbe comportare la sua sottoposizione ad indagini per la commissione di una condotta avente rilevanza penale o, ancora, il suo assoggettamento a sanzioni amministrative pecuniarie anch’esse parimenti afflittive e punitive. Un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge e una sua ipotetica configurazione si porrebbe in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo (art. 24 Cost.) e con il principio nemo tenetur se detegere, in quanto il privato, scegliendo legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni penali o amministrative, verrebbe comunque assoggettato a sanzione penale per le false dichiarazioni rese”.
Per ulteriori chiarimenti abbiamo scelto di allegare la sentenza in oggetto. Cliccando su questo link, potretrai leggerla per intero e comprendere meglio tutti i dettagli della questione.