Negli ultimi periodi abbiamo riscontrato che molte persone si interrogano sull’impignorabilità della prima casa da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Per questa ragione abbiamo deciso di dedicare a questo tema un approfondimento chiaro e diretto che possa sciogliere ogni vostro dubbio in merito.
Prima di tutto occorre precisare una cosa molto importante, forse la più importante. Che allo Stato o a qualsiasi ente di riscossione che fa le sue veci, l’ordinamento vieta il pignoramento della prima casa.
Impignorabilità della prima casa: cosa succede allora?
Se il debito è superiore ai 20 mila Euro può iscrivere ipoteca sull’immobile e eventualmente partecipare a azioni esecutive mosse da privati.
In ogni caso lo Stato, o chi ne fa le veci in materia di riscossione, non può pignorare la prima casa. Questo, a condizione che l’immobile in questione sia l’unico di proprietà del creditore, non appartenenga alla categoria dei beni di lusso e sia l’immobile dove il creditore ha la residenza.
Cosa accade quando il creditore è lo Stato?
Lo Stato può comunque procedere a pignoramenti di uno o più immobili, che non siano la prima casa, a condizione che il proprio credito sia superiore ai 120 mila Euro.
In questo caso, il debitore, per evitare il pignoramento dell’immobile potrebbe riportare e mantenere il proprio debito verso lo Stato al di sotto di tale soglia, con un versamento che il creditore sicuramente non potrà rifiutare.
Messo in sicurezza l’immobile, il debitore potrebbe presentare istanza di rateazione del debito in 72 rate. In questo modo il soggetto debitore riesce ad ottenere ulteriore tempo per risolvere la propria situazione finanziaria.
Impignorabilità della prima casa: se il creditore è un privato
Discorso ben diverso è quello in cui il creditore è un privato. In questo caso, purtroppo, anche la prima casa può essere pignorata.
L’ordinamento non prevede limiti di importo. Per questa ragione, teoricamente, anche un debito di 1000 Euro potrebbe mettere a rischio la vostra abitazione.
Tuttavvia, occorre sottolineare che sono pochi i creditori disposti a avviare un procedimento lungo e costoso di espropriazione per importi così bassi.
Non esistono, inoltre condizioni che possono evitare il pignoramento: contratti di affitto, usufrutto, proprietà o domicilio di un disabile, ecc. Questo per sintetizzare che la prima casa può andare all’asta in qualunque modo.
È questa quindi la situazione più difficile da gestire per evitare di vedere la nostra prima casa all’asta.
Quindi, conviene prestare attenzione già ai primi segnali che la banca ci dà. Al fine di evitare l’insorgere di un procedimento di pignoramento avviato, o almeno per riuscire a prendere tempo in attesa che la nostra situazione finanziaria possa tornare stabile, consentendoci di riprendere i pagamenti delle rate del mutuo con una sufficiente regolarità.
Decreto del Fare: vediamo cosa precisa
L’articolo 52 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, del c.d. “Decreto del fare”, convertito in con legge 9 agosto 2013, n. 98, ha modificato la formulazione dell’articolo 76 del d.P.R. 602/1973 (Espropriazione immobiliare).
In questa rettifica si stabilisce che “l’agente della riscossione non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso, (…) è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente”.
Dunque si tratta di una nuova ipotesi di impignorabilità soggetta però ad alcuni tassativi requisiti:
- innanzitutto deve trattarsi di un pignoramento avviato o proseguito dall’Agenzia delle Entrate;
- l’immobile deve essere ad uso abitativo e deve essere quello dove il debitore ha la residenza e non deve essere un’abitazione di lusso;
- deve essere l’unico immobile di proprietà del debitore.
Disposizioni normative con effetto retroattivo
La disposizione normativa sopra citata è entrata in vigore il 22 giugno 2013. Tuttavia, la giurisprudenza ritiene che tale disposizione normativa abbia effetto retroattivo.
Quindi, per tanto, la suddetta normativa trova applicazione anche alle procedure esecutive immobiliari avviate o proseguite dall’Agenzia delle Entrate prima del 22 giugno 2013.
Si è difatti ritenuto che
“dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, ove il legislatore non abbia diversamente disposto, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 delle preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti ad essa successivamente compiuti, di processi iniziati prima della sua entrata in vigore, quand’anche la nuova disciplina sia più rigorosa per le parti rispetto a quella vigente all’epoca di introduzione del giudizio (così Cass. n. 3688/2011)” (Cass. Civ., 12.09.2014, n. 19270).
Impignorabilità della prima casa: le conclusioni
In conclusione, ne consegue che qualora l’Agenzia delle Entrate abbia eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell’avviso di vendita, ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973 -ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013- l’azione esecutiva non potrà più proseguire e la trascrizione del pignoramento dovrà essere cancellata.
Naturalmente, come è stato detto in precedenza, solo se l’espropriazione ha ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale vi abbia la propria residenza anagrafica (v. ancora Cass. Civ., 12.09.2014, n. 19270).
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