Procedura semplificata per interventi interni ai capannoni, perché basta una mera comunicazione. Lo sottolinea il Tar di Salerno, con la sentenza 1/2019.
Le modifiche interne ai luoghi produttivi vanno tenute distinte dalle modifiche interne alle unità residenziali (articolo 3 comma 1 lettera b) Dpr 380), che possono generare variazioni catastali ed aumento del carico urbanistico. Le destinazioni d’uso, all’interno di edifici produttivi, devono infatti restare «produttive e direzionali», in termini di superficie utile prevalente: ciò significa che all’interno di un’ immobile di impresa i singoli locali (uffici, magazzini, depositi, servizi) possono trasmigrare da un utilizzo all’altro, sempre all’interno della destinazione prevalente (produttiva o direzionale) senza diventare, ad esempio, a destinazione «commerciale».
L’utilizzo interno dei manufatti produttivi, fino al 2012, era regolato da una circolare del ,ministero Lavori pubblici (16 novembre 1977 n. 1918), in tema di opere interne agli stabilimenti industriali. Il ministero tuttavia regolava (liberalizzandoli) soprattutto gli elementi tecnologici, quali cabine, canalizzazioni, serbatoi, baracche, palloni pressostatici chioschi, pali, passerelle, basamenti e tettoie di protezione. Con l’articolo 6 del Dpr 380/2001 sono anche superati gli aspetti relativi alla densità (aumento degli addetti), che più volte hanno reso necessario l’intervento dei giudici amministrativi per ottenere (Tar Parma 537/2003) la suddivisione di ampi capannoni attraverso tramezzture interne.